
In Italia il Diritto d’Autore riconosce all’artista la facoltà di ritirare dal commercio un’opera, anche se autografa, per gravi ragioni morali.
Il riferimento legislativo sono gli Articoli 20, 142 e 143 della Legge del Diritto d’Autore e includono il caso in cui l’opera contrasti con la mutata personalità dell’autore, cosidetto “Diritto di pentimento”.
La dichiarazione di disconoscimento dell’opera può essere anche legata al fatto che l’opera abbia avuto una variazione della sua integrità e sia stata in qualche modo variata, cambiata, modificata o alterata dallo status originale di creazione da parte dell’artista, perdendo così le qualità essenziali in relazione all’opera originale stessa,si pensi al restauro non autorizzato o a qualsiasi evento che possa in qualche modo avere modificato o alterato l’effetto finale e l’artista non si riconosca più in quell’opera.
Altro caso è quando l’opera viene disconosciuta in un secondo momento. Si pensi alla richiesta di un autentica all’artista e questo ne nega il suo rilascio.
Il diritto tutela l’autore, ma con alcuni importanti limiti.
L’artista può disporre della propria opera – finché non ne cede i diritti – come meglio crede: mantenerla segreta, modificarla, distruggerla.
Quando però le opere vengono messe in circolazione con il suo consenso, l’artista perde il diritto di disporne liberamente e perciò anche di chiedere che non gli siano più attribuite. Ne è un esempio il caso in cui l’artista decida – per mutata concezione artistica, filosofica, ecc. – di ripudiare una delle sue opere; qualora l’opera in questione sia già circolata, la legge salvaguarda i diritti acquisiti dai terzi e, più in generale, la certezza dei rapporti giuridici.
Il disconoscimento di un’opera ha conseguenze spesso gravose, soprattutto per collezionisti e istituzioni che detengono le opere rinnegate
La legge sul diritto d’autore (l. 22 aprile 1941, n. 633 e succ. mod.; di seguito anche solo “LDA”) non regola espressamente il diritto di disconoscere un’opera e in dottrina e giurisprudenza si discute sull’origine del fondamento giuridico inerente al disconoscimento.
Le poche sentenze sul punto tendono a ricondurre l’azione di disconoscimento di paternità nell’art. 20 LDA “in ragione della specificità dell’interesse che in questo caso viene in considerazione rispetto al tema generale dei diritti della personalità” (così sentenza del Tribunale di Milano del 18 gennaio 2006; in tal senso anche la sentenza, sempre del Tribunale di Milano, del 17 ottobre 2007; ancora Tribunale di Milano del 5 novembre 2019).
L’art. 20 LDA mira a proteggere infatti la reputazione e l’immagine dell’artista, che ha diritto ad essere giudicato dal pubblico per l’opera così come l’ha concepita. La tutela nei suoi confronti non dovrebbe pertanto estendersi a qualsiasi tipo di pregiudizio, ma solo a quello che comporta un’effettiva lesione della sua personalità.
L’eventuale rinnegazione di un’opera, priva di valida motivazione, rimetterebbe poi all’arbitrio dell’artista la stessa validità del contratto di compravendita dell’opera in questione minando così la certezza dei rapporti giuridici.
Il disconoscimento non può quindi essere lasciato ad una mera valutazione suggestiva dell’artista, a volte pretestuosa o meramente “capricciosa”, pena l’assoluta incertezza giuridica dei traffici e del valore legale delle opere, inclusa la protezione accordata dalla legge, e un’ingiustificata compressione dei diritti acquisiti dai successivi proprietari (aventi causa) dell’artista sulle opere stesse.
La legge protegge la reputazione e l’immagine dell’artista, che ha diritto ad essere giudicato dal pubblico per l’opera così come l’ha concepita.
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